Il Tradizionale nella storia
Il Balsamico è sinonimo da tempo immemorabile di cultura e storia dell’antico Ducato Estense di Modena e la sua esistenza è dovuta alla concomitanza di particolari caratteristiche climatiche del territorio con il susseguirsi di avvenimenti storici che hanno forgiato la vita e il carattere degli abitanti. La grande produttività viticola della zona era ben conosciuta già al tempo dei Romani, che cuocevano i mosti trasformandoli in risorsa alimentare di grande importanza sia strategico-militare che economica. In epoca romana infatti esisteva persino un verbo specifico relativo alla pratica di cuocere i mosti: defrutare. Ne parlavano Cicerone, Plinio e Virgilio, riconoscendo un comportamento particolare dei mosti della zona che, anche dopo la cottura, tendevano a fermentare ed acetificare. il poeta Virgilio ad esempio, nel primo libro delle Georgiche, descrive una scena ambientata in casa di contadini della sua Mantova: “è autunno...la donna siede al telaio, tesse e canta; cuoce il mosto, il dolce succo, sul fuoco, togliendo attentamente con una frasca la schiuma dal liquido ribollente sul paiolo”. Molto tempo dopo, nel IX secolo d.c., l’autore agronomo Palladio Rutilio, scriveva che questa operazione veniva effettuata principalmente in Val Padana. È lecito supporre quindi che del mosto cotto, forse dimenticato, grazie ad un lungo processo di fermentazione ed invecchiamento abbia sviluppato quelle caratteristiche uniche ed inconfondibili che riconosciamo ancor oggi nell’Aceto Balsamico Tradizionale.
Preparazione ed invecchiamento
Ad oggi L’aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. , Denominazione di Origine Protetta, rimane frutto delle particolari caratteristiche climatiche e delle varietà delle uve coltivate nel Modenese, unitamente all’arte della cottura dei mosti e delle procedure dei travasi annuali fra le botticelle dell’Acetaia. Tutte le fasi di produzione, dalla materia prima all’invecchiamento, sono severamente controllate tramite specifiche del Disciplinare del Consorzio Tutela e dalla certificazione D.O.P., e devono avvenire solo nella provincia di Modena. Dopo la pigiatura dell’uva solo di pochi vitigni modenesi selezionati DOC, e ancor prima di iniziare la fermentazione, i mosti sono sottoposti a cottura in caldaie a cielo aperto, a pressione ambiente, fino a raggiungere una data concentrazione. Dopo un lungo periodo di decantazione, il mosto cotto inizia una naturale e contemporanea reazione di fermentazione e biossidazione acetica ad opera di lieviti e acetobatteri. Il prodotto quindi subisce una fase di trasformazione detta maturazione che è di fondamentale importanza per la formazione dei tipici profumi del Balsamico. Segue poi la fase di invecchiamento durante la quale le caratteristiche del prodotto guadagnano l’ottimale affinamento. Le tre fasi si succedono in serie di botticelle di legni diversi (per lo più rovere, castagno, gelso, ciliegio e ginepro) e di volume decrescente e variabile da 75- 100 litri a 10 litri circa. Ogni legno cede all’aceto una particolare caratteristica: il castagno ricco di tannini contribuirà al colore scuro, il gelso concentrerà il prodotto più velocemente, il ginepro cederà le essenze resinose, il ciliegio addolcirà il sapore mentre il rovere, legno prezioso per l’aceto già maturo, gli conferirà un tipico profumo vanigliato. La differenza fra la capacità delle botticelle è richiesta dalla necessità di compiere i travasi annuali, necessari per assicurare l’ottimale sviluppo. Trascorsi almeno 12 anni, tutte le partite di A.B.T.M, per poter essere imbottigliate dal Consorzio Tutela, vengono sottoposte al giudizio di una commissione di 5 esperti degustatori. Se approvate, sono imbottigliate esclusivamente in ampolle realizzate da Giugiaro Design, uniche per tutti i produttori e munite di sigillo di garanzia numerato.